Oh terra! Od ossa! Oh miserandi avanzi. Settecento italiano lugubre, macabro e cimiteriale. Un’antologia poetica

euro 20,00
brossura cucita, 122 pp. illustrate a colori
carta: interni patinata, copertina Fedrigoni marcata; formato: 170×235
“biblioteca liminale” 2 extra
Un viaggio nella poesia italiana macabra e cimiteriale del tardo Settecento
Nel breve volgersi di pochi decenni è comparsa nell’Italia del Settecento una corrente poetica macabra e cimiteriale che ha voluto cantare il disfacimento dei corpi e il fascino dei sepolcri, le fosse, le tetre visioni di morte, i riti funebri e la meraviglia della decomposizione: una corrente poetica che ha anticipato le più tarde provocazioni scapigliate, ma che è stata dimenticata e screditata come mera imitazione di mode straniere (quelle di Edward Young e James Macpherson). Era certamente a un gusto europeo tetro e malinconico che i poeti raccolti in questa antologia illustrata sembravano guardare, ma ben diverse sono le semplici imitazioni o gli esercizi di stile fini a se stessi. Si tratta, piuttosto, di un distanziamento dalla poetica arcadica e di una sperimentazione attorno ad argomenti fino ad allora innominabili, come la disgregazione del cadavere, l’oscurità della fossa e, più in generale, su quel fenomeno immanente alla vita che è la morte.
Questa antologia, illustrata dalle opere più tetre e malinconiche di Böcklin, Friedrich, Catel, Carus, Oehme, Vafflard, Schikaneder, Rottmann Dahl, Paletta, raccoglie le poesie cimiteriali e macabre di Ubertino Landi, Alfonso Varano, Prospero Manara, Andrea Rubbi, Salomone Fiorentino, Aurelio Bertola, Giovanni Fantoni, Ambrogio Viale (Il Solitario dell’Alpi), Diodata Saluzzo.
Una citazione
«Deh chi depose in quest’immonda fossa
quel teschio mozzo e quella spoglia impura?
Ve’!… qual schifosa, ohimè, copre sozzura
la sfracellata carne, e l’aria ossa!
Qual mai dal sonno orribilmente scossa
or m’ha universal somma paura!
Ahi! dopo vita che sì poco dura
cadrò! fuggir da qui non v’ha chi possa!
Questa donna fu pur! la leggiadria
dov’è? dov’è quel lusinghier sorriso?
e quel labbro sì turpe è quel di pria?
Oh folle! che al ciel muovi eterna guerra
perché non diede a te mirabil viso;
Guarda! quel fu bellezza, ed ora è terra».
[Diodata Saluzzo, Il cadavere]